Sarno Tour, un viaggio seguendo il corso del fiume più inquinato d’Europa, dalla foce alla sorgente.
Con gruppo consistente di attivisti e di parlamentari del Movimento 5 Stelle, il 29 settembre, abbiamo risalito il corso del fiume Sarno, in Campania, al confine tra la provincia di Salerno e quella di Napoli.
Un viaggio partito da una spiaggia piena d’immondizia in una zona industriale sporca e terminato in un parco fluviale pulito e ricco di natura.
Il fiume Sarno è un grave esempio dell’accanimento dell’uomo contro la natura.
La foce naturale del fiume si trova nell’area industriale di Castellamare di Stabia, ma un progetto di sistemazione idraulica prevede di spostarla, deviando il corso del fiume, nel comune di Torre Annunziata, per creare una zona di scolmatura delle piene.
Il problema del fiume Sarno è duplice: inquinamento e piene.
Il primo problema è stato affrontato negli anni dando pieni poteri al Commissario Speciale, Gen. Jucci, che è stato incaricato di creare i tre depuratori e i collettamenti dalle fogne. Il lavoro non è ancora completato e sono stati chiesti ulteriori stanziamenti pari a circa 220 milioni di euro. Fin quando il sistema non sarà completo, le fogne continueranno a scaricare nel fiume e questo non perderà il triste primato di fiume più inquinato d’Europa. Questo anche a causa del suo affluente, la Solofrana, che convoglia gli scarichi inquinati delle concerie di Solofra (AV), specie prima che entrasse in funzione il depuratore di Mercato San Severino.
Il secondo problema lo sta affrontando la Regione Campania, con il progetto Grande Sarno dell’ARCADIS (Agenzia Regionale Campania Difesa del Suolo), che prevede la creazione di vasche di laminazione nella zona nord del corso del fiume, nei comuni di San Valentino Torio, Scafati, Striano.
Il Movimento 5 Stelle si oppone a questo intervento invasivo mentre caldeggia la manutenzione, ordinaria e straordinaria.
La soluzione migliore e urgente sarebbe pulire il corso del fiume da quello che ostruisce la capacità di far defluire acqua, fare dragaggi e allargarne il letto nelle sezioni critiche per aumentare la capacità di trasporto.
Il problema delle esondazioni si è aggravato moltissimo negli anni ’60 a causa della cementificazione selvaggia vicinissimo al fiume. Negli anni si è ignorata la legge, che in questo caso è molto antica. Difatti, come prescritto nel Regio Decreto del 1904, è prevista la inedificabilità assoluta entro i 10 metri a destra e sinistra dalle sponde dei fiumi.
Tutto quello che è stato costruito entro i 10 metri dalle sponde del fiume è quindi abusivo e come tale andrebbe demolito.
Bisognerebbe, insomma, ripristinare la legalità con un intervento forte, radicale e terribilmente impopolare. Bisognerebbe poi caldeggiare che ogni intervento venga fatto seguendo i criteri dell’ingegneria naturalistica, cioè usarando materiali naturali e strutture vegetali, come fascinate, gabbionate rinverdite.
Questo tipo di intervento avrebbe anche una positiva ricaduta occupazionale, in quanto ci sarebbe bisogno di manodopera per curare la manutenzione delle strutture vegetali e per la pulizia ordinaria del fiume. Un fiume ancora vivo alla sorgente, con anatre, gamberi e pesci, che muore man mano si avvicina alla foce tra scarichi, cemento e incuria.