Cosa sta succedendo davvero in Ryanair e cosa ha fatto il ministro Delrio?
In questi giorni abbiamo assistito a decine di tratte e voli concellati da parte della compagnia aerea lowcost, che ha colpito in particolare l’aeroporto di Trapani.
In sintesi, i lavoratori Ryanair sono assunti con contratti di diritto irlandese, anche i piloti, i qual non essendo dipendendi diretti dalla compagnia aerea si ritrovano ad essere come dei liberi professionisti.
Molti lavoratori dunque hanno trovato più conveniente essere assunti da altri compagnie, specialmente cinesi e arabe, a condizioni migliori.
Questo demolizione costante dei diritti dei lavoratori ha di fatto creato un’emorragia nella compagnia aerea.
Nel caso specifico, la fuga del personale ha reso impossibile svolgere i servizi, obbligando quindi i cittadini a restare a terra non trovandosi più nelle condizioni di poter volare.
A monte di questa vicenda vi ricordo che Ryanair è una compagnia irlandese e gode quindi di un regime fiscale agevolato.
Oggi in audizione abbiamo chiesto a ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) quali azioni ha messo in campo per risolvere la situazione.
Enac ha scritto parecchie volte al Governo il quale tuttavia non ha fatto assolutamente niente, non ha mosso un dito.
Eppure il Governo sarebbe potuto intervenire dicendo che, in un sistema di libero mercato, il regime fiscale irlandese si chiama “Dumping sul paese Italia” (esportazione di merci a prezzi molto più bassi di quelli praticati sul mercato interno o su un altro mercato, oppure addirittura sotto costo)
Il governo avrebbe potuto ammonire Ryanair avvertendo l’Irlanda che non può” attacare” l’Italia in regole di libero mercato. In particolare è il ministro Del Rio, responsabile in termini di aeroporti, che si sarebbe dovuto muovere. Invece un silenzioni assordante.
Vogliamo dire che il Libero Mercato è la soluzione di tutti i mali oppure salvare i diritti dei lavoratori e dei cittadini italiani?
Noi non abbiamo dubbi e se l’Irlanda vuole stare nella UE deve uniformarsi ai diritti dei lavoratori dell’Unione Europea e non sfruttare il “vantaggio fiscale” .